giovedì 19 marzo 2009

Il Rapimento Moro

Ciao gente! Mentre il mondo là fuori lascia segnali inquietanti (il Papa in Africa che farnetica sui preservativi "dannosi" e i post sanremo, tanto per fare qualche esempio) qui si pensa, come al solito, alla conquista del mondo (dobbiamo pensare in grande, no?!)

Tralasciando per il momento la nuova associazione culturale che stiamo creando, sfrutto il periodo, anche se con qualche giorno di ritardo, per ricordare una delle pagine più drammatiche della storia d'Italia nel '900: il rapimento di Aldo Moro.

Il brano che segue fa parte del romanzo inedito di Giuseppe Elio Ligotti "Dovevamo saperlo che l'amore", di cui avremo modo di parlare anche in futuro:

Meno di quattro gatti. Un vagone quasi vuoto. Un prete, una suora, un paio di colleghi, abbiamo tutti la stessa faccia. Un bigliettaio. Nessuno ha voglia di parlare. Abbiamo superato un paio di fermate. Non è salito nessuno. Ora siamo a Bologna. Sale qualcuno. Sono poliziotti in borghese. Anche loro hanno una faccia inconfondibile.
Ripenso alla mia esperienza del tram azzurro. Sembra destino: io devo viaggiare in mezzo ai casini. Ma questo è un casino grosso. Rapire Moro. Non è un gesto da pazzi. Qui, dietro, c’è qualcuno. Ma anche questa volta non ne sapremo niente. I misteri d’Italia. Minacciano di ammazzarlo. Ma non lo ammazzeranno. O forse sì. Se questi stanno al soldo della peggiore reazione, questi ammazzano Moro.
Guardo fuori. Le campagne, vuote. Anche le città sono vuote. E non solo le periferie. Le stazioni. Questa è Firenze. Non c’è anima viva.
E io continuo a pensare al tram azzurro. E se qui assaltano il treno? Brigatisti rossi o neri ormai non fa differenza. Che faccio, corro dal capotreno? E se ci sequestrano? Questa è una linea pericolosa. Speriamo non ci siano bombe. I poliziotti stanno perlustrando. Forse hanno avuto una soffiata. Facciamo finta di niente.
Rapire Moro. Per frenare l’avanzata della sinistra. Sì, questo è un attacco alla sinistra.

Nessun commento: